Cosa sono le minusvalenze?
Le minusvalenze sono perdite che si realizzano a seguito della vendita di strumenti finanziari ad un prezzo più basso rispetto al prezzo al quale erano stati acquistati.
Le minusvalenze sono sì una perdita, ma per gli investitori che agiscono al di fuori dall’esercizio di un’impresa commerciale, sono anche un credito fiscale che è possibile recuperare entro l’anno di realizzazione ed i quattro successivi. Al momento del realizzo, la perdita viene registrata dall’intermediario finanziario depositario nel cd. “cassetto fiscale” per coloro che hanno optato per il regime del cd. risparmio amministrato ovvero direttamente dall’investitore che abbia optato per il cd. regime dichiarativo. Ad esempio, entro la fine del 2023 si potranno sfruttare i crediti fiscali derivanti da investimenti chiusi in perdita dal 2019 in poi.
Come si recuperano le minusvalenze: redditi da capitale e redditi diversi
Partiamo dal presupposto che tutti i guadagni realizzati su strumenti finanziari sono soggetti a tassazione. I soggetti diversi dalle imprese, in particolare, sono tenuti al pagamento di un’imposta sostitutiva che prevede un’aliquota del 26% su tutti i proventi finanziari, ad eccezione dei redditi derivanti dai titoli di Stato italiani e dei paesi esteri o enti sovranazionali c.d. white list, ai quali viene applicata un’aliquota agevolata pari al 12,5%.
Tuttavia, i redditi derivanti dagli strumenti finanziari possono essere di due tipi: semplificando il concetto, in realtà molto più articolato saranno: “redditi da capitale” quelli derivanti dall’incasso di interessi, cedole e dividendi, mentre “redditi diversi” quelli derivanti dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita di uno strumento finanziario (cd. capital gain). Rispetto a questa regola fanno parziale eccezione gli OICR (fondi comuni di investimento, le Sicav e gli ETF, etc.) i quali generano unicamente redditi da capitale, sia quando distribuiscono proventi, sia quando l’investitore vende le quote del fondo ad un valore superiore a quello di acquisto. La vendita di uno strumento finanziario in perdita, cioè la vendita a un prezzo più basso di quello di acquisto, genera sempre una minusvalenza, indipendentemente dallo strumento su cui viene realizzata.
Il fisco italiano permette di compensare la tassazione dovuta sulle plusvalenze con eventuali crediti fiscali accumulati derivanti da minusvalenze, andando così a elidere o ridurre l’imposta totale dovuta. Questo beneficio, tuttavia, opera solamente nel caso in cui le plusvalenze derivino da redditi diversi, mentre i guadagni in conto prezzo costituenti redditi da capitale (come quelli derivanti dalla vendita di fondi) non saranno compensabili. Ciò crea una sorta di distorsione nel sistema fiscale, rendendo spesso difficile compensare plusvalenze e minusvalenze, anche se magari realizzate su strumenti di uguale natura.
Infatti, se ci trovassimo a vendere un fondo (o ETF) in perdita e uno in guadagno, otterremmo con la prima operazione una minusvalenza e con la seconda operazione (plusvalenza) un reddito da capitale. La normativa, in questo caso, non ci permette di compensare le due operazioni, pur essendo relative a strumenti della stessa categoria: la plusvalenza verrà tassata, mentre la minusvalenza entrerà a far parte del cassetto fiscale.
Definita quindi la differenza tra redditi da capitale e redditi diversi e posto che qualsiasi perdita realizzata su investimenti entra nel cassetto fiscale come voce compensabile con redditi diversi, rimane da capire quali sono gli strumenti che consentono di compensare le minusvalenze. La tabella riportata nell’allegato evidenzia la panoramica dei principali strumenti. Dalla tabella vediamo come le minusvalenze possono essere compensate solamente con plusvalenze su azioni, obbligazioni, ETC ed ETN e, in alcuni casi, con cedole di certificati d’investimento.
Periodo attuale e opportunità di compensazione
In seguito alle politiche monetarie restrittive attuate nell’ultimo anno da parte delle principali Banche Centrali per combattere l’inflazione galoppante, i titoli obbligazionari hanno subito un drastico aumento dei rendimenti e una conseguente riduzione dei prezzi, con una sensibilità maggiore all’aumen-tare della scadenza del titolo. Ciò ha fatto emergere un’interessante opportunità per gli investitori.
Tutto deriva dal drastico cambiamento di scenario che si è sviluppato a seguito di un decennio (2012-2021) durante il quale i tassi erano vicini allo zero o addirittura negativi. Durante questo periodo, in Europa, l’intera curva dei rendimenti dei titoli governativi a più alto rating è andata sotto lo zero e ha permesso ad esempio alla Germania di emettere Bund trentennali a cedola zero. Anche lo Stato italiano, pur avente rating minore, ha goduto di tale periodo. Ad esempio, il 15 dicembre del 2021 è stato emesso un BTP con scadenza 15 dicembre 2024 (ISIN: IT0005474330) al prezzo di 100,29 con cedola pari a 0%, ma non è l’unico: troviamo molte emissioni con cedola 0%. Come evidenziato in precedenza, nel 2022, la BCE ha iniziato ad alzare rapidamente i tassi di interesse ed i prezzi dei titoli obbligazionari sono crollati. Il prezzo del BTP in questione è sceso a 92,92 a settembre 2022, mentre nel mese di ottobre 2023 ha mantenuto una quotazione che oscillava tra i 95,4 e i 95,9. Questo movimento di mercato ha fatto emergere concrete opportunità di rendimento a breve termine permettendo di sfruttare il recupero di minusvalenze. Infatti, ipotizzando di acquistare il BTP considerato alle quotazioni attuali e di mantenerlo fino a scadenza, il rendimento lordo sarebbe di circa 3,80% e, non essendo previste cedole, il reddito è dato esclusivamente dalla plusvalenza di prezzo tra l’acquisto e il rimborso a 100. In quanto obbligazione, questa plusvalenza costituisce un reddito diverso e quindi compensabile con eventuali minusvalenze non ancora scadute a dicembre 2024. Sfruttando la compensazione, e ipotizzando che sia presente un importo adeguato di minusvalenze pregresse, il rendimento lordo equivarrà al rendimento netto percepito.
Nell’utilizzare i titoli di stato per compensare le minusvalenze è importante tenere presente che le plusvalenze realizzate andranno a ridurre le minusvalenze presenti nel proprio cassetto fiscale per una quantità pari al 48,08% dell’intera plusvalenza, dato che viene applicata la tassazione agevolata del 12,5% (48,08% di 26% è pari a 12,5%). Ad esempio, ipotizziamo di avere nel cassetto fiscale minusvalenze per un totale di 2000€ e realizziamo una plusvalenza pari a 1000€ con la vendita di un titolo di stato. La plusvalenza sarà totalmente esente da tassazione, tuttavia, il cassetto fiscale si ridurrà solamente di 480,8€ (48,08% per 1000€).
L’utilizzo di strumenti monetari diretti (titoli obbligazionari che hanno una durata residua pari o inferiore a 12 mesi) all’interno di strategie fiscali presenta numerosi vantaggi in quanto:
Nella scelta dei titoli di stato, inoltre, è possibile diversificare l’emittente andando a scegliere titoli a breve scadenza emessi da Stati che presentano rating diversi, riducendo così il rischio di credito del portafoglio.
Le novità della legge delega
Lo scorso 29 agosto è entrata in vigore la legge delega che ha incaricato il Governo di riformare ampiamente il sistema fiscale anche per quanto riguarda la tassazione delle rendite finanziarie. Tra le novità più importanti è previsto anche il superamento dell’attuale distinzione tra redditi diversi e redditi da capitale.
Tuttavia, per valutare la bontà della riforma sarà necessario attendere la stesura del decreto legislativo di attuazione della delega e quindi le norme di dettaglio. La legge delega, infatti, non ha fissato precisi principi su diversi temi.