La scorsa settimana un dato su tutti ha guidato l’andamento dei mercati finanziari: nella giornata di mercoledì 12 luglio è stato pubblicato il dato sull’inflazione americana che, con un valore del 3%, ha battuto le attese, le quali prevedevano un’inflazione al 3,1%. I mercati hanno accolto positivamente la notizia di questo calo, si sono infatti registrati sensibili guadagni sugli indici azionari e i rendimenti obbligazionari sono calati.
L’arretramento dell’inflazione ha avuto, ovviamente, un impatto anche sul fronte valutario, con il dollar index (il valore che misura l’andamento del dollaro rispetto al paniere ponderato delle altre valute mondiali) che è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 punti per la prima volta dall’aprile dello scorso anno, ed in particolare il cambio con l’euro che ha raggiunto i massimi da marzo 2022, oltre quota 1,12.
Tuttavia, pur essendo un dato che si avvicina al target del 2%, per quanto riguarda il calcolo dell’inflazione è bene tener presente il cosiddetto “effetto base”, ovvero il confronto dell’attuale movimento dei prezzi con quello del passato, da cui poi scaturisce la variazione. Se si confronta la variazione mensile di giugno 2022 (+1,2%) con quella di giugno 2023 (+0,2%) ne deriva un bonus di 100 punti base che ha portato al dato pubblicato nella giornata di mercoledì. Oltre a questo aspetto, altri dati economici possono rallentare la strada verso il target di inflazione di lungo periodo; infatti i salari del settore privato USA nel mese di maggio hanno registrato un aumento di 12 centesimi orari, pari allo 0,4%, più dello 0,3% atteso e più anche del tasso di inflazione atteso nello stesso mese (0,3%).
Rimane, quindi, incertezza sull’andamento futuro dell’indice dei prezzi e questo porta la Fed a mantenere un atteggiamento hawkish, almeno sicuramente per la prossima riunione prevista per il 26 luglio, dove è ormai certo che Powell alzerà nuovamente i tassi di interesse di 25 punti base. In ogni caso, come detto in precedenza, i mercati hanno apprezzato il rallentamento dell’inflazione e, in particolare, sono stati confortati dalla componente core che ha mostrato un indice sceso ai minimi dal 2021 al 4,8%.
È probabile che le prossime letture dell’inflazione siano volatili in entrambe le direzioni, complice anche “l’effetto base”, ma il dato di mercoledì ha rafforzato ulteriormente l’idea che la Federal Reserve possa bloccare la sua azione di rialzo dei tassi dopo l’estate e che possa iniziare a tagliarli all’inizio del 2024.