Dopo giorni di grande nervosismo sembra, al momento, scongiurata la possibilità di default per gli Stati Uniti. Nella notte tra sabato e domenica è stato infatti trovato un accordo tra Repubblicani e Democratici che, dopo settimane di negoziati, hanno individuato “un’intesa di principio”. L’accordo di massima è stato raggiunto al telefono dal Presidente Joe Biden e dal leader dei repubblicani McCarthy, i quali hanno concordato sull’innalzamento del tetto del debito per il prossimo biennio, in cambio di tagli alle spese.
Quanto stabilito tra i due leader dovrà essere sottoposto al voto nella giornata di mercoledì, per essere approvato entro il 5 giungo, data critica dopo la quale gli Stati Uniti non saranno più in grado di pagare i conti federali. Il Segretario al Tesoro americano Yellen aveva infatti avvertito che a partire dal 5 giugno, secondo le sue ultime stime, senza interventi sul cosiddetto debt ceiling si andrebbe incontro ad uno storico default.
Anche se l’accordo raggiunto tra i due schieramenti lascia ben sperare sul buon esito di questa vicenda, la situazione è tutt’altro che serena e tiene sulle spine i mercati. Senza andare troppo indietro nel tempo, anche nel 2011 gli Stati Uniti rischiarono il default, tuttavia senza raggiungerlo, ma questo causò comunque il declassamento del rating delle obbligazioni americane da parte dell’agenzia S&P. La solvibilità degli Stati Uniti dunque è già stata messa in discussione in passato e per questo è fondamentale che si arrivi ad una conclusione senza ulteriori tensioni tra Democratici e Repubblicani.
Tornando sui dettagli dell’accordo, questo sospende il limite massimo dell’indebitamento del governo, attualmente fissato a 31.400 miliardi di dollari, per un periodo di due anni e cioè oltre le elezioni presidenziali del 2024, per evitare in questo modo eventuali crisi a ridosso del prossimo evento politico. In cambio la spesa federale sarà bloccata e in alcuni casi ridotta, ad eccezione dei fondi destinati alla difesa e ai veterani. Secondo un’analisi del New York Times, l’impatto di questi provvedimenti nei prossimi dieci anni potrebbe portare ad una riduzione di spesa pari a circa 650 miliardi di dollari, che gli analisti hanno definito di modesta entità.
Fino al voto di mercoledì i mercati probabilmente continueranno a presentare elevata volatilità, prestando particolare attenzione a ciò che accadrà a Washington, anche se la sensazione è quella che il voto sarà favorevole.